lunedì 30 giugno 2008

Recensione "Il Gazzettino" - Un ragazzo perbene nella parte sbagliata

In questi anni, per un ragazzo per bene crescere a Napoli può anche voler dire rischiare di ritrovarsi, senza volerlo, dalla parte sbagliata.
Come succede a Stefano Bosco, Un ragazzo per bene , appunto, protagonista dell'omonimo romanzo di Luigi Landi. L'autore, oggi trentasettenne, otto anni fa da Napoli è partito (fuggito?) per venire a vivere nella lontana e amica terra veneta. E proprio a Padova, sua città di elezione, il libro sarà presentato in anteprima nazionale nella Basilica del Santo dal Direttore del Messaggero di Sant'Antonio, Padre Luciano Segafreddo.
Il romanzo (Edizioni "Il Grappolo", euro 18,00) è ambientato lungo quella che una volta (solo alcuni decenni fa) era chiamata la Costa delle Sirene per gli incanti del suo golfo di un blu cobalto dispiegato intorno al Vesuvio, per la mitezza del clima, la fragranza dei profumi e la facile felicità dei rapporti umani.
Oggi, su quella costa violata da mille mani sulla città e la sua cintura periferica, sommersa, prima ancora che dai rifiuti, da un' asfissiante coltre di malaffare che getta ombre lunghe sul Paese del Sole e del Mare, tenersi lontani da connivenze criminose richiede un atto di volontà che non a tutti è dato sostenere. Così Stefano Bosco, enfant gâté del più rinomato cardiologo cittadino, per riscattarsi dall'ingombrante figura paterna, dopo la licenza liceale, entra nella vita adulta associandosi ai veri poteri forti della città, i malavitosi del quartiere Porto, fra i cui vicoli maleodoranti si consumano vite umane con la stessa esibita indifferenza di una sniffata di polvere bianca.
Un vero rito di iniziazione, che non può che consumarsi nel sangue. Un libro crudo, che per temi e ambientazioni rimanda a Gomorra, ma che dall'impietoso reportage di Roberto Saviano si differenzia per un dato fondamentale: tutto, in questo libro, è volutamente romanzesco. Ma la rituale avvertenza al lettore dovrebbe precisare che qualsiasi riferimento a fatti e persone realmente esistenti è, purtroppo, tutt'altro che casuale.
----------------------------
Il libro sarà presentato a Padova oggi, sabato 28 giugno, alle ore 18, nel Chiostro della Magnolia della Basilica del Santo. Oltre all'autore interverranno Padre Luciano Segafreddo (Direttore del Messaggero di Sant' Antonio) e l'editore Antonio Corbisiero. L'attore Roberto Caruso, fondatore e direttore artistico dell'Associazione Abracalam leggerà passi scelti dal romanzo.

______________
Olimpia Gargano - "Il Gazzettino" (28 giugno 2008)

martedì 24 giugno 2008

Ecco un estratto...

Stefano e i suoi compagni conoscevano i problemi che affliggevano la città, ma avevano rispetto ad essi gli stessi atteggiamenti che si hanno quando al telegiornale si apprende del rapimento di un volontario in Iraq o in Libano. Può dispiacere, può anche fare rabbia, ma di qui a muoversi in prima persona, dando ciascuno il proprio piccolo ma fondamentale contributo per migliorare la situazione, ce ne vuole. Unirsi e combattere per delle idee di legalità e di convivenza civile, sono cose di altri tempi perchè, in questo stato di fatto, finisce per prevalere sempre la logica della rassegnazione e si finisce per constatare che finchè non si viene coinvolti in prima persona, si può tirare a campare pur nel disagio. Questo è il motivo per cui qualcuno ha osato affermare che di fronte a queste realtà difficili le istituzioni e la società civile fanno più rabbia della malavita stessa, proprio come farebbe rabbia guardare una persona che si lascia schiaffeggiare in pubblico senza alzare un dito per reagire.
Spesso il dottor Bosco, quando riusciva ad intavolare una discussione serena con suo figlio, cercava di cogliere i suoi punti di vista su questo problema. Ci teneva molto a sapere come la pensasse in proposito; se fosse speranzoso o rassegnato, se fosse indignato o tutto sommato indifferente rispetto agli eventi che infangavano le belle e sane tradizioni di una cittadina di mare, un tempo meta di vacanzieri e fornitrice di lavoro per la grande quantità di pastifici che vi erano insediati. Stefano si dimostrava alquanto distaccato, non perché fosse insensibile, ma perché conosceva solo quella realtà e non altre; egli non aveva gli strumenti mentali e conoscitivi per poter pensare alla sua città come a qualcosa di diverso. Certamente l’omicidio facile e il fatto di colpire anche e soprattutto ragazzi della sua età era un qualcosa che lo terrorizzava, perché significava eliminare una persona nel fior fiore della sua età e tutto questo per cosa? Per essersi legato ad un capo piuttosto che ad un altro? O per aver scelto il guadagno facile piuttosto che tutta la trafila legata alla ricerca di un lavoro onesto? Su questo Stefano rifletteva e tendeva anche a dare una sua giustificazione economica alle attività illecite e alle scelte compiute da questi ragazzi, ma l’omicidio non lo capiva affatto. Riteneva che fosse troppo come metodo di risoluzione dei contrasti o di punizione degli sgarri. Era proprio questa la sua ingenuità; il suo non capire che non può esistere organizzazione malavitosa che non uccida o che sia disposta a far passare un tradimento od uno sgarro; essa non riuscirebbe neanche a mantenersi in vita. Lui doveva capire soltanto che i ragazzi che spesso incontrava di sera sul lungomare non si limitavano a vendere l’erba, ma dovevano necessariamente fare dell’altro in qualità di membri di un ingranaggio malavitoso che andava ben al di là di qualche grammo di erba o di hashish e che all’occorrenza potessero anche ammazzare. Queste cose, finchè non le si vedeva coi propri occhi, non gettavano lo scompiglio nella vita dei ragazzi perbene.
Stefano solo in due casi era stato preso da profondo sgomento: quando si era trovato sul luogo di un delitto pochi minuti dopo che questo venisse consumato. Passava di lì per caso ed ha visto questo ragazzo steso per terra in un lago di sangue. Ecco, quella scena rappresentava la realtà, una realtà che andava ben oltre il semplice sentito dire e quella volta il giovane studente aveva dovuto riflettere sul serio. Il cadavere era lì davanti a lui, scoperto, sfigurato ed insanguinato e la sensazione provata non era assolutamente paragonabile a quella che si prova quando si sente dire in giro “hanno ucciso un alfonsino in via Tizio o in via Caio !”. Un altro tonfo al cuore Stefano lo aveva provato in un’altra occasione, quando era al cimitero con suo padre per portare dei fiori ai nonni e, camminando per le varie congreghe, restava di pietra davanti ad una tomba con la foto di un suo vecchio amico di infanzia. Era un ragazzo che giocava nella sua stessa squadra di calcio di quartiere quando i due avevano circa dieci anni; l’aveva conosciuto bene, ma nonostante ciò non immaginava neanche lontanamente il motivo per cui quel ragazzo stesse sottoterra. Le prime cose che gli erano venute in mente in merito a quel decesso non potevano che essere quelle consuete e cioè una brutta malattia o un incidente, ma presto, informatosi presso amici di quel periodo dell’infanzia, scopre la cruda realtà. Quel ragazzo era morto in un agguato teso a lui e a suo padre, per punire quest’ultimo, reo di aver intrapreso un traffico di auto rubate fuori dai canali “ufficiali”, cercando di gestirselo da sè. L’uomo non aveva messo in conto il prezzo che c’era da pagare per uno sgarro del genere e alla fine anche suo figlio era stato chiamato a pagarlo.
_____________
tratto da "Un Ragazzo Perbene"

lunedì 16 giugno 2008

Perchè "Giro di Boa"?

Non pensavo interessasse tanto, ragion per cui non mi ero posto neanche il problema di doverlo spiegare. Invece sempre più persone mi chiedono perchè questo titolo al mio blog. "Giro di Boa" per me è un punto di arrivo virtuale in cui la mia vita ha subìto un cambio di rotta, proprio come una barca rispetto ad una boa che segna una nuova direzione nel suo tragitto. Per trent'anni (29 per la precisione) ho vissuto tra Torre Annunziata e Napoli, apprendendo, studiando, riflettendo, osservando, vivendo momenti bellissimi e traumi, momenti spensierati e grosse ansie, proprio quelle ansie che solo Napoli riesce a generare nell'essere umano. A 29 anni, appunto, il lavoro mi ha portato a cambiare totalmente vita, luogo, abitudini, necessità ed anche le ansie son mutate, al punto da portarmi a consisiderare questo nuovo ciclo proprio come un "giro di boa", in seguito al quale tutto è cambiato in me e intorno a me. Ho capito, finalmente, quanto sia preziosa Napoli con tutte le sue vicissitudini e le sue contraddizioni, coi suoi sapori e le sue atmosfere, coi suoi misteri e la sua fantasia, con le sue tradizioni e, perchè no, anche coi suoi eterni problemi ed il suo male che avanza, che si evolve e s'involve, e che assume sempre colorazioni e sfumature diverse. E' pazzesco, ma Napoli la si ama di più se la si ha lontano, se non la si vive più dal di dentro. Una cosa è certa: se fossi rimasto lì, non avrei mai cominciato a scrivere, non avrei mai avuto la possibilità di osservare la mia terra da fuori, da lontano, da un altro punto di vista ed elaborare col "senno di poi" e con la maturazione intellettuale che viviamo dopo i trent'anni (e che non sempre ci fa bene), le storie che hanno segnato la mia adolescenza, i miei anni di scuola, di giochi, di strada, di università e di amori. Il mio non è un discorso nostalgico, ma la scoperta di un amore che riesce ad alimentarsi solo con la lontananza, col distacco fisico, unici elementi che consentono di ricoprire di sogno e di magia la città più straordinaria del mondo. Il concetto di "giro di boa", dunque, per me è fondamentale anche se, nel mio caso, non significa tornare nel punto da cui si è partiti. Non mi piace l'idea di tornare indietro, di ritrovarmi un giorno a Napoli e scoprire che tutti i sentimenti che provo adesso dalla lontana e amica terra veneta e nei quali amo perdermi, possano svanire in un nonnulla e farmi riscoprire ciò che più mi spaventa, ossia che tale magia è solo un' invenzione.
__________________
Gigi Landi

lunedì 9 giugno 2008

La prima recensione al libro - Un 'ragazzo perbene' vittima del branco

Il “Rinascimento napoletano” è stato seppellito dai rifiuti e dal romanzo-denuncia di Saviano sul ‘sistema’ della Camorra. La storia di Landi è un altro pugno nello stomaco dei benpensanti. Sono loro i veri ‘mandanti morali’ dell’omicidio di Stefano Bosco. Quelli che sanno ma guardano dall’altra parte. A differenza del personaggio-reporter ideato da Saviano, il ‘ragazzo’ di Landi è una figura romanzesca al cento per cento. L’autore avverte che lo spunto del suo romanzo è un fatto di cronaca, ma il suo è innanzitutto un racconto di formazione, dove la famiglia, il rapporto con il padre, il ‘branco’ (degli amici e dei ‘nemici’), l’amore e le scelte esistenziali, danno vita a una narrazione dal valore performativo. La morte degli Ortis e dei Werther aveva proprio questo significato. Ricordare chi è morto e il suo sacrificio. Giulia è lo scrigno di questa memoria e diventa la testimone militante del cambiamento.
_________________
Tratto dalla rivista letteraria "Tempi da Scrivere" (6 giugno 2008)

martedì 3 giugno 2008

L'altra stampa: quella che scrive ciò che non si dovrebbe scrivere....MAI !!!

1 Giugno 2008

Monnezzopoli/ 3 Bokassa Bassolino

In Campania l'emergenza è stata voluta. Un segnale l’ho avuto il 23 febbraio 2008. 30.000 ragazzi e ragazze dei MeetUp sono scesi in piazza Dante a Napoli per far festa e insieme insegnare come ridurre e differenziare i rifiuti, fare la raccolta porta a porta, il compostaggio, il trattamento meccanico biologico. E pretendere centri di riciclo come quello di Vedelago che trasformano, senza bruciare, gli scarti in sabbie sintetiche per l'edilizia. Uno Stato serio avrebbe portato quei giovani su un palmo di mano come esempio per Napoli e la Campania. Uno Stato colluso li ha censurati. L'evento, raccontato dalle telecamere di BBC, CNN ed altri media stranieri, è stato oscurato da tg e giornali nazionali, tanto che David Willey, corrispondente dall'Italia della BBC commentò: "Aprire i giornali il giorno seguente e non trovare notizie è imbarazzante, ma è chiaro che in Italia manca una stampa libera e indipendente”.
_____________
Dal blog di Beppe Grillo - 1 giugno 2008