lunedì 24 novembre 2008

Tappa padovana carovana ANTIMAFIE 2008

In collaborazione con Abracalam e Carovana Antimafie 2008

presenta

"EXTREMA TRAMA"
Contenitore letterario e teatrale
Nuove prassi per trattare di Sicurezza e Solidarietà
Giovedi 13 novembre, ore 21.30
Fahrenheit 451 Padova


UN RAGAZZO PERBENE - La camorra sulla strada di un giovane studente
Reading di Roberto Caruso e Anna Cappotto dal romanzo di Luigi Landi

In una cittadina di mare, presso Napoli, si realizza in maniera inquietante, la convivenza fra giovani perbene e giovani "sergenti" della criminalità organizzata. Destini che, inevitabilmente, s'incrociano tra esami universitari e passeggiate sul lungomare, guerre di camorra e conflitti generazionali.

"In questi anni, per un ragazzo perbene, crescere a Napoli può anche voler dire risciare di ritrovarsi, senza volerlo, dalla parte sbagliata.
Un libro crudo, che per temi ed mbientazioni rimanda a GOMORRA, ma che dell'impietoso reportage di Saviano si differenzia per un dato fondamentale: tutto in questo libro è volutamente romanzesco. Ma la rituale avvertenza al lettore dovrebbe precisare che qualsiasi riferimento a fatti e persone realmente esistenti è, purtroppo, tutt'altro che casuale".
(da IL GAZZETTINO, giugno 2008)

‘Qui la mafia non attecchisce’ il leit motiv della tappa in Veneto della Carovana

La Carovana è arrivata in Veneto dove si fermerà fino al15 novembre. Hanno dato il via a questo viaggio le tappe di Campolongo Maggiore, comune veneziano, edi Stra. Il Veneto è una regione in cui la lotta contro la criminalità - ne è simbolo la mala del Brenta - ha una storia importante. Lo testimoniano anche strutture come la casa a Campolongo, confiscata al boss Felice Maniero, oggi centro di attività sociali. Ed è proprio in quella struttura che i partecipanti della Carovana hanno affrontato il tema Ruolo delle istituzioni nella lotta alla mafia con il contributo non solo degli amministratori locali ma anche dei sindaci di Corleone, Antonio Iannazzo, e quello di Lamezia Terme, Gianni Speranza. Il 9 novembre lo stesso dibattito a Piazzola sul Brenta, nel padovano. La giornata si è conclusa a Cadoneghe con il Pranzo della legalità con i prodotti delle cooperative di Libera terra, derivati dai terreni confiscati alla mafia. Il 10 associazioni e sindacati si sono confrontati nell’aula della Facoltà di scienze politiche su come alimentare una cultura che rispetti i diritti e la legalità.
La tappa padovana si è conclusa al circolo Arci Fahrenheit 451 dove è stato proiettato il documentario sul reading tratto dal romanzo di Luigi Landi Un ragazzo perbene, la camorra sulla strada di un giovane studente. Alla presentazione della tappa padovana si è parlato della mafia come «un problema ormai internazionale». Per questo è necessario alzare la guardia e collaborare con le associazioni che la combattono tanto sui territori dove sono insediati che nel resto d’Italia proprio come avviene ormai da dieci anni con la Carovana.
Francesco Bicciato, Assessore all’ambiente, Walter Meschalin, di Libera, e Michela Lorenzato, dell’Arci, hanno sottolineato come il problema dei rifiuti, e in particolare lo smaltimento di quelli tossici, abbiano alimentato le casse della criminalità non solo in Campania. «Qui la mafia non attecchisce e non attecchirà» ha rappresentato il leit motiv di questa tappa veneta della Carovana che ha dato il suo contribuito perché questo non sia solo un auspicio.
(da LIBERA News , 11 novembre 2008)
http://www.liberaveneto.it/

venerdì 24 ottobre 2008

Lode a Saviano ma non esageriamo...


AD ONOR DEL VERO, pur riconoscendo la grandezza ed il coraggio di Saviano e pur dichiarando pubblicamente il mio orgoglio nell'essere suo conterraneo, voglio ricordare a tutti che le cose da lui raccontate e denunciate, sono state esternate 15 anni fa' (non l'altro ieri) dal senatore LORENZO DIANA (originario di San Cipriano d'Aversa), sotto scorta, se non erro, dal 1996. Son d'accordo, quindi, con tutte le iniziative pro Saviano di questi ultimi tempi, ma non dimentichiamo gli studiosi altrettanto valorosi che l'hanno preceduto, i quali erano già a conoscenza di fatti, misfatti, cifre, fatturati, collusioni, infiltrazioni e consuetudini della malavita campana e che pure hanno cercato di trasmetterci, coi loro scritti, gli scenari di questo oscuro e contorto mondo della criminalità campana, non riscuotendo neanche lontanamente il successo di Roberto. Dunque, si porti senz'altro su un palmo di mano GOMORRA, ma si portino sullo stesso palmo di mano anche gli scritti di Bruno De Stefano, Simone Di Meo, Gigi Di Fiore, Sergio Nazzaro, Jo' Marrazzo, Vittorio Paliotti, Francesco De Rosa, Isaia Sales, Matteo Scanni, Enzo Ciconte, Roberto Anfossi, gli articoli di Giancarlo Siani (che, se fosse rimasto vivo, una scorta non l'avrebbe avuta neanche nel 2050) e di Don Peppino Diana. Non vanno ignorati, inoltre, gli ottimi saggi di Francesco Barbagallo, di Marisa Figurato, di Francesco Marolda, di Antonio Ghirelli, di Sergio De Gregorio ed ancora di storici del Mezzogiorno come De Leo, Coletti, Barrese, Balestrini, Virnicchi, Faenza ed altri ancora, fino a citare i grandi precursori ed anticipatori dell'attuale letteratura e saggistica sociologica napoletana, che della malavita campana hanno individuato alla perfezione gli sviluppi, le evoluzioni e le degenerazioni, pur essendo vissuti in un'epoca molto lontana da quella attuale. Mi riferisco a Matilde Serao, Benedetto Croce, Giustino Fortunato, Arturo Labriola, Francesco Saverio Nitti, Edoardo Scarfoglio, Luigi Settembrini e tanti altri ancora. Perdonatemi, ma alla luce di quanto detto, questo tam tam su Gomorra mi sembra si stia amplificando oltre misura. A parte lo stile assolutamente eccezionale di Saviano, sui contenuti del testo non mi pare che tutti gli autori suddetti abbiano scritto cose poi così diverse da lui. Probabilmente in molti non saranno d’accordo con me ma io, da appassionato folle di studi sulla criminalità organizzata e sul terrorismo, ho letto una valanga di libri e, ripeto, che a parte lo stile narrativo vincente di questo giovane scrittore, non ho rilevato grandi elementi di novità nei fatti raccontati (attenzione, parlo di "novità" e non di "qualità"). Evidentemente il potere del mercato è anche questo, anzi è soprattutto questo. Ho sentito dire da più parti: "Finalmente, era ora che qualcuno a Napoli parlasse di Camorra", facendo intendere che Saviano sia stato il primo. Ed è su questo punto che s'impone un dovere di verità, se non altro per rendere giustizia a chi ha studiato ed osservato per tanto tempo il fenomeno camorrista, scrivendone e parlandone, senza nessuna amplificazione pubblicitaria. Scusate, ma questo è il mio umile pensiero che non scalfisce minimamente la grandezza di Roberto.
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Gigi Landi

venerdì 3 ottobre 2008

Come nasce a Napoli il problema della "monnezza"

Vivendo lontano da Napoli, i miei amici mi hanno spesso chiesto negli ultimi tempi dove affonda le radici il problema della spazzatura a Napoli. Loro pensano che per il solo fatto di essere napoletano io debba essere al corrente di tutti i meccanismi politici, sociali, affaristici e, perché no, anche antropologici che sono dietro questo fenomeno che, guarda caso, non ha eguali, neanche nello stesso Sud. Non è che sia esperto della materia, ma un’idea me la sono fatta negli anni, indipendentemente dal fatto di provenire dalla bellissima e martoriata Campania, tutt’altro che “Felix” come la chiamavano i Romani ai tempi di Scipione, in virtù della fertilità dei suoi terreni e del suo clima invidiabile.
Provo a riassumere in poche righe la “storia” di questo problema endemico e complesso.
In linea di massima il problema dei rifiuti in Campania è da attribuirsi a 2 ordini di cause:

1. Quasi totale assenza di differenziazione nella raccolta dei rifiuti (fatte salve alcune zone del salernitano e dell’Irpinia dove, al contrario, la differenziazione arriva fino all’85%).
2. Sfruttamento delle situazioni d’emergenza, una volta create, da parte delle organizzazioni criminali e da parte di imprenditori del campo dello smaltimento, fortemente collusi con le organizzazioni suddette se non addirittura membri effettivi delle stesse.

La prima causa è dovuta ad un più che ventennale connubio tra potere politico, imprenditoriale e camorristico attraverso il sistema dei CONSORZI a capitali misti, pubblici e privati. Questo sistema ha di fatto permesso agl’imprenditori impegnati nel settore dello smaltimento, collusi con la camorra e protetti da una larga fetta del potere politico locale, di aggirare tutti i meccanismi di controllo, sia nazionali che comunitari, facendo del “consorzio” una sorta di cartello monopolistico che finisce inevitabilmente per penalizzare la concorrenza e, alla fine, le imprese che vincono le gare d’appalto non possono che essere quelle aderenti al consorzio. Il fatto, poi, che tali consorzi abbiano una componente finanziaria pubblica (patrocinata da partiti ed amministrazioni locali) ed una privata (le imprese stesse) fa si che la parte pubblica garantisca l’appalto per la raccolta di rifiuti in tutti i comuni della realtà consorziale (eliminando ogni possibile concorrenza da parte di altre imprese), ma fa anche si che i privati si approprino degli utili, lasciando tutte le spese e le perdite alla parte pubblica. Alla fine, quindi, si spende poco o nulla da parte privata, ma s’intascano tutti i guadagni. Ovviamente imprese di tale tipo sono quasi sempre vicine alla camorra, altrimenti neanche avrebbero la possibilità di schierarsi in prima fila all’interno del consorzio. I guadagni da parte di queste imprese sono resi ancora più cospicui dal fatto che, trattandosi di imprese colluse, esse non hanno alcuna intenzione di rispettare le legislazioni nazionali e comunitarie e la struttura che si danno, appunto quella del “consorzio, in qualche modo gli consente di farlo con una serie di raggiri artificiosi delle norme vigenti, utilizzando a proprio vantaggio le norme che regolano la vita e le attività dei consorzi stessi. Quindi, invece di favorire la raccolta differenziata, il riciclaggio, gl’interventi di termoriduzione e di termovalorizzazione, essi prediligono solo le discariche classiche (molte delle quali anche abusive ed illegali), quelle vecchie e tradizionali, all’interno delle quali infossare tutto il possibile, anche quei rifiuti che non dovrebbero assolutamente finire lì perché nocivi. In questo modo il ciclo dei rifiuti non viene completato, anzi in alcuni casi neanche parte e le discariche finiscono per saturarsi.
La classe politica ha sempre finto di non capire che fino a quando sarebbe finito tutto in discarica non si poteva non arrivare ad una situazione di saturazione. In tutti i paesi civili si sa che in discarica deve andare pochissimo, la parte più piccola di un campione generale di rifiuti urbani, agricoli ed industriali.
Menzione a parte, poi, meritano i rifiuti tossici, il cui prezzo ordinario di smaltimento ammonterebbe a circa 70-80 centesimi al Kg, mentre le imprese della camorra li fanno smaltire illegalmente per circa 10 centesimi al Kg, distruggendo ogni possibile forma di concorrenza perché solo un imprenditore pazzo non smaltirebbe a questi prezzi stracciati.

Il secondo ordine di cause risiede proprio nello stato di emergenza che si viene a creare per i motivi esposti sopra. Di fronte all’emergenza, con le strade colme di rifiuti, con la popolazione sul piede di guerra, le stesse imprese della camorra finiscono per offrirsi di smaltire il surplus nelle loro discariche, facendo lievitare i prezzi, sfruttando proprio l’emergenza. In questi casi, infatti, i commissari di governo (i vari De Gennaro e Bertolaso, per intenderci), pur di far partire la raccolta e liberare le strade dai cumuli di immondizia, acquistando anche prestigio agli occhi degli elettori, in favore dei governi che li assoldano, chiudono un occhio sulla natura della discarica che si va a coinvolgere e sulla tipologia di smaltimento adottata. Alla fine si ha il caso paradossale di uno smaltimento d’emergenza che avviene in discariche inadeguate ed illegali, quasi sempre di proprietà della camorra che per tali smaltimenti prende fiumi di soldi dai commissariati di governo e, in più, ottiene una legittimazione deleteria che fuori dall’emergenza non potrebbe mai ottenere. Si tratta, in altri termini, del classico caso di realizzazione del famoso proverbio napoletano “CORNUTI E MAZZIATI”, riferito, ovviamente, ai cittadini campani.
Alla fine, quindi, prevale questa soluzione approssimativa e di ripiego solo perché di fronte ad imminenti elezioni e/o campagne elettorali, ai politici interessa ripulire la città e raggiungere il risultato per colpire in positivo i cittadini, indipendentemente dal metodo adottato per farlo.
In linea di massima è un po’ questa la storia dello smaltimento in Campania ed a Napoli in particolare. Anche le ultime pulizie, a mio avviso solo di facciata, perché le periferie ed alcune zone della provincia sono ancora sommerse dai rifiuti, rientrano in questa politica del rattoppo, come l’ha chiamata già 10 anni fa il mio professore di “Politica dell’Ambiente” Ugo Leone dell’Università di Napoli. Una politica non solo di rattoppo, ma fortemente elettorale che non ha dietro nessuna programmazione a lungo raggio né un taglio alla radice del problema. E poi c’è il classico giro del coltello nella piaga quando si sentono 2 napoletani su 3 dire: “Questo governo almeno una sorta di pulizia l’ha fatta, chi c’era prima non ha fatto neanche questo”. Vabbè, che dire, “viva Napoli e viva l’Italia”.
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Gigi Landi

mercoledì 1 ottobre 2008

Duro colpo al clan dei Casalesi: eseguiti 107 arresti

Dalle prime ore di oggi si è svolto un blitz della polizia di Caserta contro il clan camorristico dei Casalesi, per eseguire 107 arresti. Coordinata dalla Direzione Centrale Anticrimine della Polizia, l´operazione riguarda capi e gregari dell´organizzazione operante non solo nel Casertano e nel basso Lazio, ma anche con collegamenti nazionali ed internazionali. Anche la GdF sta procedendo al sequestro di beni mobili ed immobili e società commerciali riconducibili al clan per 100 mln di euro.Tre presunti killer della strage di Castel Volturno (Caserta), nella quale furono uccisi sei immigrati africani, stanati nel loro nascondiglio in provincia di Napoli. E ancora, arresti di appartenenti al clan dei Casalesi, tra i quali la moglie del super boss Francesco Schiavone, detto Sandokan. Due importanti operazioni delle forze dell´ordine, quasi in contemporanea, hanno segnato oggi una vittoria dello Stato, in quella che ha definito il ministro dell´Interno, Roberto Maroni, "una giornata da incorniciare".SEQUESTRATI BENI A CASALESI PER OLTRE 100 MLN L´operazione anticamorra di stanotte ha portato al sequestro di beni appartenenti al clan dei Casalesi per un valore complessivo di oltre 100 milioni di euro. Lo ha reso noto il ministro dell´Interno, Roberto Maroni, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi. "Sono state sequestrate - sottolinea il ministro - 48 società, 148 veicoli, 134 immobili e 13 cavalli". MARONI: COLPO DURISSIMO AI CASALESI"Questa notte abbiamo inferto un colpo durissimo al clan dei Casalesi". Lo ha detto il ministro dell´Interno Roberto Maroni. Il ministro, in conferenza stampa a palazzo Chigi, ha sottolineato che "tutte le strutture dello Stato hanno agito insieme". "La guerra contro la camorra - ha detto - continuerà finché non sarà vinta. E´ la "prima importante risposta che lo Stato dà alla guerra dichiarata dalla camorra". "Stamani mi ha chiamato il Capo dello Stato per congratularsi". NAPOLITANO: RIAFFERMATO PRIMATO ISTITUZIONI"La risposta all´aggressione della criminalità organizzata dimostra la capacità delle forze dello Stato, di reazioni tempestive e concrete". Lo ha detto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha espresso al Procuratore di Napoli, al Capo della Polizia e ai Comandanti di Carabinieri e Guardia di Finanza il più vivo compiacimento per indagini e operazioni che hanno portato alla cattura di esponenti di spicco dei clan.
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Da "TORRESETTE" - martedi 30 settembre 2008

lunedì 29 settembre 2008

Padre Zanotelli, altro intellettuale a rischio continuo di censura

Carissimi amici napoletani,

Ieri abbiamo ascoltato Padre Alex Zanotelli.
Ha parlato di molte cose, e con una passione davvero forte.
Ha parlato dei rifiuti di Napoli, di come il vero problema non siano i rifiuti generici ma i rifiuti tossici che provengono da tutta Italia, di come tutto sia partito venti anni fa, dopo che fu scoperto che l'Italia smaltiva i suoi rifiuti tossici in Somalia e fu deciso (tra camorra e P2 come portavoce degli industriali) di fare della Campania la discarica dei rifiuti tossici d'Italia.
Ci ha descritto come le cose avvengono, quali scelte sciagurate e criminali hanno fatto i governanti (tutti), di come la raccolta differenziata sia possibile e la gente della Campania sia pronta per questa, e come già ci sia una elevetatissima percentuale di raccolta differenziata in molte città (in alcune, fino al 90%).
E' ormai evidente, affermava Zanotelli, che non si vuole risolvere il problema, che c'è interesse a costruire ecovalorizzatori (molti più di quelli che sarebbero necessari e che è certo che producono diossina), e che le conseguenze ricadono sempre su chi subisce i guadagni di chi li costruisce e riceve sovvenzioni, cioè, la gente della Campania. Tra l'altro, Zanotelli ricordava che il 7% che troviamo sulla bolletta dell'enel e che figura come energie rinnovabili, va direttamente alla costruzione degli ecovalorizzatori (che di eco, visto che producono diossina, non hanno niente).
Ricordava Zanotelli tre cose che possiamo fare, subito, per ridurre in prima persona il problema:
1. rifiutare gli imballaggi inutili e le confezioni in eccesso;
2. smettere di usare la plastica e utilizzare, piuttosto, le proprie borse di pelle o di stoffa;
3. prendere l'acqua in bottiglie di vetro, usare i bicchieri di vetro e smetterla con la plastica (hanno scoperto, vicino all'alaska, un continente di bottiglie di plastica trasportate e riunite dalla corrente).
Tante cose ha detto ancora come, per esempio, che trecentosettanta milioni di persone vivono con 75 centesimi di euro al giorno e tre miliardi di persone con un euro e mezzo al giorno.
Che le guerre e le armi sono dovute al fatto che una piccola parte della popolazione mondiale ha la maggior parte delle risorche economiche e che San Francesco, spogliandosi di fronte al tribunale che lo accusava fu il primo a sostenere che chi ha qualcosa, ha bisogno di avere armi per difenderlo.
Le nostre armi difendono il nostro livello di vita, ma, principalmente, difendono le grandi ricchezze di pochi individui.
Alex, diceva una cosa molto semplice: se si riduce anche solo di poco questo dislivello, molta violenza e molta paura, non ci sarebbero più.

Volevamo condividere con voi questo.
vi abbracciamo con affetto.

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dal discorso di Alex Zanotelli a Romena, Pratovecchio (Ar)....

lunedì 30 giugno 2008

Recensione "Il Gazzettino" - Un ragazzo perbene nella parte sbagliata

In questi anni, per un ragazzo per bene crescere a Napoli può anche voler dire rischiare di ritrovarsi, senza volerlo, dalla parte sbagliata.
Come succede a Stefano Bosco, Un ragazzo per bene , appunto, protagonista dell'omonimo romanzo di Luigi Landi. L'autore, oggi trentasettenne, otto anni fa da Napoli è partito (fuggito?) per venire a vivere nella lontana e amica terra veneta. E proprio a Padova, sua città di elezione, il libro sarà presentato in anteprima nazionale nella Basilica del Santo dal Direttore del Messaggero di Sant'Antonio, Padre Luciano Segafreddo.
Il romanzo (Edizioni "Il Grappolo", euro 18,00) è ambientato lungo quella che una volta (solo alcuni decenni fa) era chiamata la Costa delle Sirene per gli incanti del suo golfo di un blu cobalto dispiegato intorno al Vesuvio, per la mitezza del clima, la fragranza dei profumi e la facile felicità dei rapporti umani.
Oggi, su quella costa violata da mille mani sulla città e la sua cintura periferica, sommersa, prima ancora che dai rifiuti, da un' asfissiante coltre di malaffare che getta ombre lunghe sul Paese del Sole e del Mare, tenersi lontani da connivenze criminose richiede un atto di volontà che non a tutti è dato sostenere. Così Stefano Bosco, enfant gâté del più rinomato cardiologo cittadino, per riscattarsi dall'ingombrante figura paterna, dopo la licenza liceale, entra nella vita adulta associandosi ai veri poteri forti della città, i malavitosi del quartiere Porto, fra i cui vicoli maleodoranti si consumano vite umane con la stessa esibita indifferenza di una sniffata di polvere bianca.
Un vero rito di iniziazione, che non può che consumarsi nel sangue. Un libro crudo, che per temi e ambientazioni rimanda a Gomorra, ma che dall'impietoso reportage di Roberto Saviano si differenzia per un dato fondamentale: tutto, in questo libro, è volutamente romanzesco. Ma la rituale avvertenza al lettore dovrebbe precisare che qualsiasi riferimento a fatti e persone realmente esistenti è, purtroppo, tutt'altro che casuale.
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Il libro sarà presentato a Padova oggi, sabato 28 giugno, alle ore 18, nel Chiostro della Magnolia della Basilica del Santo. Oltre all'autore interverranno Padre Luciano Segafreddo (Direttore del Messaggero di Sant' Antonio) e l'editore Antonio Corbisiero. L'attore Roberto Caruso, fondatore e direttore artistico dell'Associazione Abracalam leggerà passi scelti dal romanzo.

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Olimpia Gargano - "Il Gazzettino" (28 giugno 2008)

martedì 24 giugno 2008

Ecco un estratto...

Stefano e i suoi compagni conoscevano i problemi che affliggevano la città, ma avevano rispetto ad essi gli stessi atteggiamenti che si hanno quando al telegiornale si apprende del rapimento di un volontario in Iraq o in Libano. Può dispiacere, può anche fare rabbia, ma di qui a muoversi in prima persona, dando ciascuno il proprio piccolo ma fondamentale contributo per migliorare la situazione, ce ne vuole. Unirsi e combattere per delle idee di legalità e di convivenza civile, sono cose di altri tempi perchè, in questo stato di fatto, finisce per prevalere sempre la logica della rassegnazione e si finisce per constatare che finchè non si viene coinvolti in prima persona, si può tirare a campare pur nel disagio. Questo è il motivo per cui qualcuno ha osato affermare che di fronte a queste realtà difficili le istituzioni e la società civile fanno più rabbia della malavita stessa, proprio come farebbe rabbia guardare una persona che si lascia schiaffeggiare in pubblico senza alzare un dito per reagire.
Spesso il dottor Bosco, quando riusciva ad intavolare una discussione serena con suo figlio, cercava di cogliere i suoi punti di vista su questo problema. Ci teneva molto a sapere come la pensasse in proposito; se fosse speranzoso o rassegnato, se fosse indignato o tutto sommato indifferente rispetto agli eventi che infangavano le belle e sane tradizioni di una cittadina di mare, un tempo meta di vacanzieri e fornitrice di lavoro per la grande quantità di pastifici che vi erano insediati. Stefano si dimostrava alquanto distaccato, non perché fosse insensibile, ma perché conosceva solo quella realtà e non altre; egli non aveva gli strumenti mentali e conoscitivi per poter pensare alla sua città come a qualcosa di diverso. Certamente l’omicidio facile e il fatto di colpire anche e soprattutto ragazzi della sua età era un qualcosa che lo terrorizzava, perché significava eliminare una persona nel fior fiore della sua età e tutto questo per cosa? Per essersi legato ad un capo piuttosto che ad un altro? O per aver scelto il guadagno facile piuttosto che tutta la trafila legata alla ricerca di un lavoro onesto? Su questo Stefano rifletteva e tendeva anche a dare una sua giustificazione economica alle attività illecite e alle scelte compiute da questi ragazzi, ma l’omicidio non lo capiva affatto. Riteneva che fosse troppo come metodo di risoluzione dei contrasti o di punizione degli sgarri. Era proprio questa la sua ingenuità; il suo non capire che non può esistere organizzazione malavitosa che non uccida o che sia disposta a far passare un tradimento od uno sgarro; essa non riuscirebbe neanche a mantenersi in vita. Lui doveva capire soltanto che i ragazzi che spesso incontrava di sera sul lungomare non si limitavano a vendere l’erba, ma dovevano necessariamente fare dell’altro in qualità di membri di un ingranaggio malavitoso che andava ben al di là di qualche grammo di erba o di hashish e che all’occorrenza potessero anche ammazzare. Queste cose, finchè non le si vedeva coi propri occhi, non gettavano lo scompiglio nella vita dei ragazzi perbene.
Stefano solo in due casi era stato preso da profondo sgomento: quando si era trovato sul luogo di un delitto pochi minuti dopo che questo venisse consumato. Passava di lì per caso ed ha visto questo ragazzo steso per terra in un lago di sangue. Ecco, quella scena rappresentava la realtà, una realtà che andava ben oltre il semplice sentito dire e quella volta il giovane studente aveva dovuto riflettere sul serio. Il cadavere era lì davanti a lui, scoperto, sfigurato ed insanguinato e la sensazione provata non era assolutamente paragonabile a quella che si prova quando si sente dire in giro “hanno ucciso un alfonsino in via Tizio o in via Caio !”. Un altro tonfo al cuore Stefano lo aveva provato in un’altra occasione, quando era al cimitero con suo padre per portare dei fiori ai nonni e, camminando per le varie congreghe, restava di pietra davanti ad una tomba con la foto di un suo vecchio amico di infanzia. Era un ragazzo che giocava nella sua stessa squadra di calcio di quartiere quando i due avevano circa dieci anni; l’aveva conosciuto bene, ma nonostante ciò non immaginava neanche lontanamente il motivo per cui quel ragazzo stesse sottoterra. Le prime cose che gli erano venute in mente in merito a quel decesso non potevano che essere quelle consuete e cioè una brutta malattia o un incidente, ma presto, informatosi presso amici di quel periodo dell’infanzia, scopre la cruda realtà. Quel ragazzo era morto in un agguato teso a lui e a suo padre, per punire quest’ultimo, reo di aver intrapreso un traffico di auto rubate fuori dai canali “ufficiali”, cercando di gestirselo da sè. L’uomo non aveva messo in conto il prezzo che c’era da pagare per uno sgarro del genere e alla fine anche suo figlio era stato chiamato a pagarlo.
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tratto da "Un Ragazzo Perbene"

lunedì 16 giugno 2008

Perchè "Giro di Boa"?

Non pensavo interessasse tanto, ragion per cui non mi ero posto neanche il problema di doverlo spiegare. Invece sempre più persone mi chiedono perchè questo titolo al mio blog. "Giro di Boa" per me è un punto di arrivo virtuale in cui la mia vita ha subìto un cambio di rotta, proprio come una barca rispetto ad una boa che segna una nuova direzione nel suo tragitto. Per trent'anni (29 per la precisione) ho vissuto tra Torre Annunziata e Napoli, apprendendo, studiando, riflettendo, osservando, vivendo momenti bellissimi e traumi, momenti spensierati e grosse ansie, proprio quelle ansie che solo Napoli riesce a generare nell'essere umano. A 29 anni, appunto, il lavoro mi ha portato a cambiare totalmente vita, luogo, abitudini, necessità ed anche le ansie son mutate, al punto da portarmi a consisiderare questo nuovo ciclo proprio come un "giro di boa", in seguito al quale tutto è cambiato in me e intorno a me. Ho capito, finalmente, quanto sia preziosa Napoli con tutte le sue vicissitudini e le sue contraddizioni, coi suoi sapori e le sue atmosfere, coi suoi misteri e la sua fantasia, con le sue tradizioni e, perchè no, anche coi suoi eterni problemi ed il suo male che avanza, che si evolve e s'involve, e che assume sempre colorazioni e sfumature diverse. E' pazzesco, ma Napoli la si ama di più se la si ha lontano, se non la si vive più dal di dentro. Una cosa è certa: se fossi rimasto lì, non avrei mai cominciato a scrivere, non avrei mai avuto la possibilità di osservare la mia terra da fuori, da lontano, da un altro punto di vista ed elaborare col "senno di poi" e con la maturazione intellettuale che viviamo dopo i trent'anni (e che non sempre ci fa bene), le storie che hanno segnato la mia adolescenza, i miei anni di scuola, di giochi, di strada, di università e di amori. Il mio non è un discorso nostalgico, ma la scoperta di un amore che riesce ad alimentarsi solo con la lontananza, col distacco fisico, unici elementi che consentono di ricoprire di sogno e di magia la città più straordinaria del mondo. Il concetto di "giro di boa", dunque, per me è fondamentale anche se, nel mio caso, non significa tornare nel punto da cui si è partiti. Non mi piace l'idea di tornare indietro, di ritrovarmi un giorno a Napoli e scoprire che tutti i sentimenti che provo adesso dalla lontana e amica terra veneta e nei quali amo perdermi, possano svanire in un nonnulla e farmi riscoprire ciò che più mi spaventa, ossia che tale magia è solo un' invenzione.
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Gigi Landi

lunedì 9 giugno 2008

La prima recensione al libro - Un 'ragazzo perbene' vittima del branco

Il “Rinascimento napoletano” è stato seppellito dai rifiuti e dal romanzo-denuncia di Saviano sul ‘sistema’ della Camorra. La storia di Landi è un altro pugno nello stomaco dei benpensanti. Sono loro i veri ‘mandanti morali’ dell’omicidio di Stefano Bosco. Quelli che sanno ma guardano dall’altra parte. A differenza del personaggio-reporter ideato da Saviano, il ‘ragazzo’ di Landi è una figura romanzesca al cento per cento. L’autore avverte che lo spunto del suo romanzo è un fatto di cronaca, ma il suo è innanzitutto un racconto di formazione, dove la famiglia, il rapporto con il padre, il ‘branco’ (degli amici e dei ‘nemici’), l’amore e le scelte esistenziali, danno vita a una narrazione dal valore performativo. La morte degli Ortis e dei Werther aveva proprio questo significato. Ricordare chi è morto e il suo sacrificio. Giulia è lo scrigno di questa memoria e diventa la testimone militante del cambiamento.
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Tratto dalla rivista letteraria "Tempi da Scrivere" (6 giugno 2008)

martedì 3 giugno 2008

L'altra stampa: quella che scrive ciò che non si dovrebbe scrivere....MAI !!!

1 Giugno 2008

Monnezzopoli/ 3 Bokassa Bassolino

In Campania l'emergenza è stata voluta. Un segnale l’ho avuto il 23 febbraio 2008. 30.000 ragazzi e ragazze dei MeetUp sono scesi in piazza Dante a Napoli per far festa e insieme insegnare come ridurre e differenziare i rifiuti, fare la raccolta porta a porta, il compostaggio, il trattamento meccanico biologico. E pretendere centri di riciclo come quello di Vedelago che trasformano, senza bruciare, gli scarti in sabbie sintetiche per l'edilizia. Uno Stato serio avrebbe portato quei giovani su un palmo di mano come esempio per Napoli e la Campania. Uno Stato colluso li ha censurati. L'evento, raccontato dalle telecamere di BBC, CNN ed altri media stranieri, è stato oscurato da tg e giornali nazionali, tanto che David Willey, corrispondente dall'Italia della BBC commentò: "Aprire i giornali il giorno seguente e non trovare notizie è imbarazzante, ma è chiaro che in Italia manca una stampa libera e indipendente”.
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Dal blog di Beppe Grillo - 1 giugno 2008

venerdì 30 maggio 2008

Un ragazzo perbene - Edizioni "Il Grappolo" 2008

Aprile 2008 - E' uscito il primo romanzo di Luigi Landi, presentato alla XXI Fiera Internazionale del Libro di Torino.


6/5/2008 - Casa editrice “Il Grappolo”: nel ventennale libri di qualità alla Fiera di Torino

La bellezza è il tema conduttore della XXI Fiera internazionale del libro di Torino che si svolgerà al Lingotto dal 8 al 12 maggio prossimi. La casa editrice salernitana “Il Grappolo” s.a.s. parteciperà anche quest’anno all’evento editoriale più atteso dell’anno che coincide con il ventennale dell’attività. Nella grande “Piazza Italia”, stand dell’Associazione FIDARE (Padiglione 1), saranno esposte nei cinque giorni della Fiera le novità editoriali che spaziano dalla narrativa di carattere storico e sociale, alla poesia e alla letteratura per ragazzi. Libri belli a guardarsi, dalle copertine originali realizzate dal grafico romano Stefano Iacomi e ben stampati dal partner della casa editrice Fiordo s.r.l. “Puntiamo sulla qualità dell’immagine e del prodotto culturale- tiene a puntualizzare il direttore editoriale Antonio Corbisiero- anche per essere in sintonia con il tema della Fiera”. La scelta di esporre i titoli della casa editrice salernitana è dettata anche da una strategia di maggiore visibilità in manifestazioni future tra cui la Fiera del libro di Francoforte e la Festa del libro italiano a Parigi per dare maggior valore alla editoria indipendente. Così a Torino esordirà il testo di Luigi Landi, dal titolo "UN RAGAZZO PERBENE - La camorra sulla strada di un giovane studente". Un racconto emozionante e struggente, intenso ed attualissimo, che rappresenta un altro spaccato delle realtà drammatiche della Napoli di inizio millennio.